Uno dei cardini del trattamento della cardiopatia coronarica e dell’arteriopatia periferica è l’antiaggregante piastrinico. Differenti studi hanno dimostrato l’efficacia di questa terapia nel ridurre la morbilità e la mortalità cardiovascolare.
Da alcuni anni la ricerca ha cercato di rafforzare questa terapia con l’utilizzo di farmaci anticoagulanti, al fine di inibire in modo più completo la possibile formazione di trombi a livello coronarico o periferico, in pazienti a rischio elevato. Dopo i primi risultati piuttosto deludenti, arrivati dalla sperimentazione condotta con antagonisti della vitamina K, l’arrivo dei nuovi anticoagulanti diretti ha dato nuovo vigore a questo argomento, riportandolo d’attualità, grazie soprattutto al miglior profilo di sicurezza di queste molecole.
I primi studi in questo senso sembrano essere incoraggianti, dimostrando una maggiore efficacia del trattamento anticoagulante, in associazione a quello antiaggregante, rispetto a quella del solo trattamento antiaggregante o del solo trattamento anticoagulante. Tutto questo con un bilancio sostanzialmente favorevole, anche considerando i possibili eventi emorragici causati da un regime antitrombotico più aggressivo.
Il razionale di questo corso è quello di proporre alla classe medica un aggiornamento specifico sui risultati delle più importanti sperimentazioni in questo campo, analizzando il rapporto rischio-beneficio dei trattamenti antitrombotici combinati, in pazienti con cardiopatia coronarica e in quelli con arteriopatia periferica. Il fine è quello di cogliere l’opportunità di utilizzare questo nuovo regime terapeutico, quando possibile, per ridurre ulteriormente l’incidenza di eventi clinici cardiovascolari in pazienti a rischio elevato.
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